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lunedì 28 aprile 2008

Il paziente inglese

Giorni fa sono passato a casa di una coppia di inglesi per una assistenza ad un router (pronunciato all'inglese, rutha) .
Tra un riavvio ed un altro scambiamo quattro chiacchiere. Mi racconta che l'Italia è molto bella, che a Fonte Geloni (Serra San Quirico) c'è una pace e una tranquillità uniche, ma nel contempo, a fronte di tutto questo, hanno il problema che non riescono ad avere una licenza edilizia per costruire una piscina (ovvero non viene data loro la possibilità di spendere soldi in Italia). Mi parla del Comune e della burocrazia che in generale c'è in Italia: insomma mi sentivo parlare. In genere quel tipo di polemica sono io che la faccio! Poi mi è scappata la domanda: "ma in Inghilterra cosa succede in queste situazioni?" . In Inghilterra, che è un paese civile, massimo un mese ed hanno l'autorizzazione (un mese, precisa, se hanno molto lavoro). Così mi dice. Qui invece stiamo parliamo di 2/3 anni di attesa se tutto va bene.
La rassegnazione di questi ragazzi è ancora fresca, infantile, ingenua. Non è ancora propriamente rassegnazione. Ne è solo primo abbozzo. E mi fa un pò tenerezza. Non è come quella di chi invece vive in Italia da sempre e che non ha mai visto una vera riforma cambare le cose.
Poi io divago tra me e me sulla politica filosofica: "ma se la proprietà è privata, cioè casa è mia, perché dovrei chiedere l'autorizzazione a qualcuno? Forse che non è privata-privata, ma privata-pubblica? Posso veramente dire una casa è di mia proprietà se non sono nemmeno libero di scegliermi il colore (viola, in genere in questi esempi uso sempre il viola) delle mura stesse?
Penso sempre di più che l'Italia è solo il paese dei formaggi e dei vini. E basta.

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